Secondo il nuovo rapporto “Cooling the Climate Crisis” pubblicato dall’Environmental Investigation Agency (EIA), la transizione dei grandi rivenditori alimentari europei verso refrigeranti naturali procede con forti disomogeneità. Se alcuni gruppi si sono affermati come pionieri nella decarbonizzazione dei sistemi di raffreddamento, altri mostrano ancora ritardi significativi.
di Massimo Moscati
La valutazione ha preso in esame cinque importanti player del settore – Ahold Delhaize, Carrefour, Metro, Jerónimo Martins e Tesco – concentrandosi sulle emissioni legate alla refrigerazione e sulle pratiche di raffreddamento sostenibile. Le emissioni da raffreddamento, causate principalmente da consumi energetici e perdite di HFC, rappresentano fino al 70% delle emissioni Scope 1 e 2 di un supermercato. L’uso continuato di HFC, oltre a incidere pesantemente sull’ambiente, sta diventando anche un rischio economico per le aziende.
“Investire in refrigerazione sostenibile oggi è una scelta strategica e inevitabile”, sottolinea Fionnuala Walravens, Senior Climate Campaigner di EIA. “Continuare a installare apparecchiature a HFC espone le aziende a costi crescenti e sanzioni normative.”
I campioni della transizione
Metro AG mostra un’evoluzione decisa: oltre metà dei suoi 624 negozi distribuiti in 21 paesi già impiega refrigeranti naturali. In Moldavia l’eliminazione degli HFC è completa e sono in corso conversioni in Francia e Slovacchia. Con un investimento di 1,1 miliardi di euro, Metro punta alla completa eliminazione degli HFC entro il 2040. Ha ridotto del 45% le emissioni Scope 1 da refrigeranti nel 2023.
Jerónimo Martins guida la classifica EIA per diffusione di tecnologie a basso GWP: il 57% dei suoi negozi – inclusi i Biedronka in Polonia e i punti vendita in Colombia – utilizza refrigeranti naturali. In America Latina, dove le normative sono meno rigide, l’adozione è sorprendentemente avanzata: il 97% dei negozi colombiani è già privo di HFC. L’investimento stimato per la transizione è compreso tra 450 e 650 milioni di euro.
Tesco, pioniere nell’avvio della transizione, ha rallentato il passo: solo un terzo dei suoi negozi utilizza refrigeranti naturali, e il ritiro dalla partecipazione al sondaggio EIA ha reso opachi i dati più recenti. Tuttavia, si distingue per l’uso di refrigeranti naturali anche nella flotta di trasporto. Ha investito circa 69,5 milioni di euro annui (4,7% del suo capex) in tecnologie a basso GWP.
Chi resta indietro
Ahold Delhaize è ancora il maggiore emettitore tra i cinque: 1,32 milioni di tonnellate di CO₂ equivalente nel 2023, con solo il 40% dei suoi negozi UE convertiti a refrigeranti naturali. Sebbene abbia identificato la refrigerazione come leva prioritaria nella propria strategia climatica, l’azienda non ha ancora pubblicato un piano dettagliato di investimento per la transizione.
Carrefour, nonostante l’inizio anticipato del piano di abbandono degli HFC nel 2011, ha convertito solo il 19% dei suoi negozi. L’azienda registra emissioni da refrigeranti pari all’86% delle emissioni Scope 1. Tuttavia, in alcuni mercati è avanti: in Belgio, il 77% dei negozi utilizza sistemi CO₂ transcritici. Carrefour ha stanziato 650 milioni di euro per convertire 406 ipermercati in Europa, ma non ha fornito dati sui negozi di formato più piccolo.
Il costo dell’inazione
Il rapporto EIA evidenzia il rischio di elevati costi operativi e sanzioni per chi tarda a convertire. Ad esempio, con un consumo medio annuo di 400–700 kg di HFC per supermercato, e un costo attuale di 50 euro/kg per l’R449a, un singolo negozio può spendere fino a 35.000 euro l’anno solo per i refrigeranti.
Inoltre, l’inosservanza delle normative sui gas fluorurati in UE può comportare multe ingenti. Carrefour ha stimato 100.000 euro di potenziale sanzione per ipermercato. Considerando i suoi 406 iperstore europei, il rischio economico arriva a oltre 40 milioni di euro.
Conclusioni
Il quadro delineato dall’EIA è chiaro: mentre alcune aziende hanno già imboccato con decisione la strada della sostenibilità, altre si muovono troppo lentamente in un contesto normativo e di mercato sempre più esigente. L’efficienza energetica e la stabilità dei costi offerti dalle tecnologie a refrigerante naturale non lasciano spazio a esitazioni. Per i retailer europei, agire ora non è solo una scelta ambientale, ma un imperativo economico e strategico.