Il comparto sta affrontando una crisi silenziosa ma molto concreta, amplificata da conflitti geopolitici, misure protezionistiche e interruzioni delle filiere globali
Di Massimo Moscati, direttore editoriale di PR Planet Refrigeration
Il mondo della refrigerazione — che comprende sistemi industriali, commerciali, alimentari e domestici — non è immune alle onde d’urto causate da un’epoca segnata da instabilità globale. Guerre, sanzioni, barriere commerciali e instabilità nelle forniture energetiche stanno deteriorando le condizioni operative per produttori, distributori e utenti finali. Ecco le principali problematiche che stanno emergendo, con spunti da fonti straniere e alcune condizioni che definiscono il possibile percorso futuro.
I dazi imposti su acciaio, alluminio o altri metalli utilizzati nella costruzione di componenti degli impianti di refrigerazione stanno innalzando i costi di produzione. Ad esempio, negli Stati Uniti sono state imposte tariffe fino al 125% su importazioni cinesi di determinati prodotti HVAC/R (Heating, Ventilation, Air Conditioning & Refrigeration).
Allo stesso modo, le materie prime per componenti elettronici (schede di controllo, sensori, compressori) spesso dipendono da regioni nei conflitti o soggette a sanzioni, rendendo i prezzi volatili e la disponibilità incerta.
In parallelo, l’aumento dei costi del carburante, dell’energia e delle rotte logistiche, dovuto ai conflitti armati o alle restrizioni commerciali, eleva anche i costi di trasporto, immagazzinamento (in particolare nei magazzini refrigerati che consumano energia) e manutenzione. (gep.com)
Le guerre attive — come quella tra Russia e Ucraina — hanno interrotto rotte fondamentali per materie prime e componenti elettronici.
In più, i dazi e le nuove regolamentazioni costringono molte aziende a cercare fornitori alternativi, magari in paesi meno stabili o con minore esperienza, aumentando così il rischio di fallimenti o di tempi più lunghi.
Questa discontinuità si traduce in ritardi di consegna che possono andare da settimane a mesi, specie per pezzi critici che non hanno alternative facilmente reperibili.
L’aumento dei costi dei materiali, dell’energia e del trasporto incide direttamente sui margini dei produttori. Le piccole e medie imprese del settore refrigerazione sono particolarmente vulnerabili, poiché hanno meno potere contrattuale e meno capitali per assorbire improvvisi incrementi di spesa.
Il risultato è che i prezzi finali per l’utente — che si tratti di impianti industriali per la conservazione alimentare o di frigoriferi e congelatori domestici — aumentano. Alcune analisi segnalano che gli apparecchi domestici potrebbero subire incrementi del 20-30% a causa dei dazi su componenti, acciaio, alluminio.
Questa inflazione colpisce anche i costi operativi: il raffreddamento richiede energia, elettricità, gas refrigeranti (spesso importati), le manutenzioni divengono più costose e i costi di logistica fredda (cold chain) aumentano con i rincari energetici e delle materie prime.
Il settore refrigerazione è già sotto pressione per ridurre l’impatto ambientale: gas refrigeranti con basso effetto serra (esempio: HFO, CO₂), efficienze energetiche maggiori, normative europee sempre più stringenti. Tuttavia, l’aumento dei costi può indurre a soluzioni meno ottimali, a rallentamenti negli investimenti in tecnologia verde o persino a soluzioni obsolete perché più accessibili sul breve termine.
Inoltre, le interruzioni nella supply chain possono impedire il raggiungimento delle certificazioni richieste, o la disponibilità di componenti conformi (es. per regolamentazioni UE, regolamento F-gas) può essere messa in crisi. Ciò rischia di generare non solo ritardi, ma anche non conformità, sanzioni o problemi legali.
Per non soccombere a questi fattori, il settore della refrigerazione può (e deve) adottare alcuni approcci:
- Diversificazione dei fornitori: ridurre la dipendenza da una sola regione o da pochi produttori per materie prime e componenti critici.
- Produzione locale o near-shoring: incentivare produzioni più vicine ai mercati di consumo per diminuire tempi di trasporto, costi logistici e rischi geopolitici.
- Magazzini strategici e scorte: accumulare componenti critici quando possibile, per tamponare interruzioni.
- Innovazione nei materiali e tecnologie più efficienti: ricercare alternative meno soggette a dazi o a scarsità, oltre a migliorare l’efficienza energetica per ridurre i costi operativi.
- Collaborazione con regolatori e politiche industriali: chiedere misure di sostegno, incentivi fiscali per l’efficienza, riduzioni di dazi particolari per componenti fondamentali, normative più prevedibili e stabili.
Volendo sintetizzare: la refrigerazione, settore fondamentale per l’economia alimentare, farmaceutica, industriale e della conservazione, sta vivendo una fase di forte stress dovuta ai venti contrari della politica internazionale, dei dazi e delle crisi energetiche. Se non si interviene con visione, il rischio è che i costi finiscano per gravare pesantemente su imprese, utenti finali e, non meno importante, sull’obiettivo di una transizione sostenibile. Il comparto deve oggi bilanciare urgenza e lungimiranza: rafforzare la resilienza, mantenere la qualità e rispettare gli impegni ambientali in un mondo che non offre più certezze.