Refrigerazione commerciale sostenibile, tra deregulation, mercato e responsabilità ambientale
di Massimo Moscati, direttore editoriale di PR Planet Refrigeration
La recente decisione del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti (DOE), a causa dell’ennesimo intervento a gamba tesa del presidente Trump, di revocare numerosi standard di efficienza energetica per la refrigerazione commerciale rappresenta una svolta significativa. Se da un lato la deregulation sembra ridurre vincoli e costi immediati, dall’altro rischia di frenare l’innovazione e compromettere obiettivi di lungo termine legati a risparmio energetico, riduzione delle emissioni e resilienza delle reti elettriche. In un contesto in cui la domanda del mercato rimane orientata verso soluzioni efficienti e sostenibili, la scelta delle imprese sarà cruciale per determinare la direzione futura del settore.
Un cambiamento inatteso
Nel maggio 2025, con una serie di risoluzioni legate al Congressional Review Act, il DOE ha abrogato decine di regolamenti sull’efficienza energetica, compresi quelli dedicati a frigoriferi e congelatori commerciali, celle frigorifere e requisiti di certificazione per varie apparecchiature. Parallelamente è stato annunciato un piano per modificare o eliminare ulteriori normative, molte delle quali hanno guidato per decenni l’evoluzione dei sistemi di refrigerazione verso prestazioni sempre più elevate.
Questa inversione di rotta potrebbe riportare alcuni standard ai livelli di oltre trent’anni fa, con effetti tangibili sia per i produttori sia per gli utilizzatori finali.
I rischi del rallentamento
Gli standard di efficienza non sono semplici vincoli burocratici: hanno contribuito a ridurre i costi operativi dei rivenditori, a contenere le emissioni di gas serra e a migliorare la gestione energetica delle utility. Secondo stime indipendenti, le sole regole revocate avrebbero generato un risparmio potenziale superiore agli 11 miliardi di dollari nei prossimi tre decenni.
Con la crescita costante della domanda di energia, rinunciare a questi progressi rischia di gravare sulle bollette delle aziende, aumentare la pressione sulle reti elettriche e compromettere le strategie di sostenibilità perseguite da molte catene retail e operatori logistici.
Il ruolo dell’industria
Sebbene la deregolamentazione riduca la pressione normativa, il mercato non premia più il semplice contenimento dei costi iniziali. I clienti – dai distributori alimentari ai gestori di grandi strutture – chiedono sistemi che garantiscano affidabilità, efficienza a lungo termine, riduzione dell’impronta ambientale e conformità a standard globali sempre più stringenti.
Investire in soluzioni basate su refrigeranti naturali, architetture distribuite e sistemi di recupero energetico non è soltanto una risposta alle leggi vigenti: è una scelta strategica per restare competitivi in un settore che guarda già al futuro.
Oltre la conformità: una responsabilità condivisa
L’eliminazione di alcuni vincoli normativi non deve tradursi in un passo indietro. Le aziende che continueranno a innovare in direzione della sostenibilità saranno quelle meglio posizionate per affrontare eventuali ritorni regolatori, inevitabili ricorsi legali e l’evoluzione degli standard internazionali.
La refrigerazione commerciale sostenibile non è più un segmento di nicchia: rappresenta la traiettoria naturale di un mercato che considera efficienza, resilienza e rispetto ambientale come requisiti imprescindibili.
Guardando avanti
Il settore si trova oggi di fronte a un bivio: seguire la strada più semplice dell’allentamento normativo o consolidare i progressi compiuti negli ultimi decenni. Abbassare l’asticella potrebbe portare benefici immediati ma rischia di compromettere competitività, innovazione e credibilità a lungo termine.
La scelta non riguarda soltanto produttori e policy maker, ma l’intero ecosistema – clienti, distributori, utility e consumatori finali – che dipende da sistemi di refrigerazione sicuri, efficienti e sostenibili.