courtesy Hauser
La rivoluzione green della refrigerazione è in atto. La nostra rivista, da sempre attenta al tema ambientale, osserva come il settore stia affrontando una svolta epocale: abbandonare i gas HFC a favore di refrigeranti naturali e tecnologie a basso impatto. Una sfida tecnica, normativa e culturale che ridefinirà il futuro della catena del freddo
di Massimo Moscati, direttore editoriale di “PR Planet Refrigeration”
PR Planet Refrigeration considera l’ambiente il vero termometro dell’innovazione. Oggi più che mai, quel termometro segna un punto di svolta: la refrigerazione è chiamata a cambiare pelle, con urgenza e responsabilità.
Il 2024 ha visto l’entrata in vigore della nuova F-Gas Regulation europea, e gli effetti cominciano già a farsi sentire in ogni ramo della filiera. Il phase-down degli HFC non è più una semplice prospettiva, ma una traiettoria obbligata. Entro pochi anni, molte delle soluzioni che hanno accompagnato il settore per decenni saranno non solo obsolete, ma vietate nei nuovi impianti. Gli impianti esistenti potranno continuare a funzionare, ma con limitazioni sempre più severe sull’approvvigionamento e sulla manutenzione, in particolare per i refrigeranti ad alto GWP, che diventeranno progressivamente più costosi e difficili da reperire. In questo scenario, la domanda non è se cambiare, ma quanto velocemente e in che direzione.
La risposta sembra sempre più chiara: refrigeranti naturali, come CO₂, ammoniaca, propano e isobutano, stanno guadagnando terreno. Scelti per il loro bassissimo GWP, rappresentano la strada più diretta verso un freddo realmente sostenibile. Ma non è una strada priva di ostacoli: l’adozione di queste sostanze richiede competenze nuove, impianti ripensati da zero, e una formazione tecnica massiva per installatori e manutentori.
L’industria si muove, e anche i grandi utilizzatori – dalla GDO alla logistica alimentare – iniziano a investire su sistemi a CO₂ transcritica, su banchi frigo a R-290, su architetture ibride e smart. L’efficienza energetica diventa parte del DNA di ogni impianto, così come il monitoraggio continuo dei consumi e delle perdite, grazie all’Internet of Things e all’intelligenza artificiale applicata alla manutenzione predittiva.
E poi c’è l’altra grande questione: l’equità nella transizione. Perché se le multinazionali sono pronte, PMI, artigiani, impiantisti e piccole realtà commerciali spesso non lo sono. Servono incentivi, normative chiare, percorsi di accompagnamento. Serve una politica che non si limiti a vietare, ma sappia anche educare e sostenere. È una rivoluzione che deve includere tutti, o rischia di non essere tale.
Chi lavora nel mondo del freddo ha oggi la rara possibilità di partecipare a un cambio di paradigma. Non è un semplice adeguamento tecnologico, ma una scelta di civiltà: contribuire attivamente alla lotta contro il cambiamento climatico, trasformando uno dei settori più energivori in un modello di sostenibilità concreta.
Come redazione, continueremo a raccontare tutto questo con spirito critico e passione, dando voce a chi innova, a chi resiste e a chi sperimenta. Il nostro impegno è quello di tenere acceso il dibattito, dare spazio alle soluzioni, denunciare le incoerenze e promuovere le eccellenze.
Perché il freddo, oggi, può davvero diventare uno degli alleati più potenti del pianeta.