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“Un buon business può cambiare il mondo”

Orange Capital Development ha acquisito il 100% di Gelit, azienda italiana specializzata nei surgelati. La holding ha intuito grandi possibilità di investimento per una crescita sostenibile. Ce ne parla il fondatore e Ceo, Davide Salvatore.

Di Tommaso Tempesti

Gelit, realtà italiana attiva nel campo dei surgelati che ha chiuso il 2024 con un fatturato di 72 milioni di euro, è stata recentemente acqui stata da Orange Capital Development, società di investimento indu striale con sede a Milano. La holding ha acquisito il 100% del capitale dell’a zienda di Cisterna di Latina (Lt). Il Ceo e fondatore Davide Salvatore, con la passione per le moto da corsa e un passato da pilota, ci spiega i motivi che stanno dietro alla decisione di entrare nel mondo del frozen food: “Si tratta di un ambito ricco di potenzialità”, afferma, “dove c’è un ampio margine per innovare e crescere, all’insegna di un business che sia anche sostenibile per l’ambiente e le persone”. Vediamo i dettagli in questa intervista esclusiva.

Di cosa si occupa Orange Capital e quali sono i suoi obiettivi?

Orange Capital gestisce una holding di partecipazioni industriali lussemburghese che investe sia in Europa che nel resto del mondo. Le aziende che gestiamo sono state selezionate con una logica di lungo periodo, all’interno di settori specifici – quello energetico e quello agroalimentare – con l’obiettivo di farle crescere sviluppandone l’attenzione alla sostenibilità, il giro d’affari e la profittabilità. Sottolineo che abbiamo un business model molto diverso dai fondi di investimento: infatti non abbiamo il classico investment, holding e selling period, non siamo compagni di viaggio a termine. Piuttosto, siamo dei veri e propri manager che partecipano attivamente alla gestione delle aziende, mettendosi in gioco in prima persona.

In quali campi siete attivi?

Siamo partiti con gli investimenti nel settore energetico, con un focus sul le rinnovabili. Tre anni fa, poi, ci siamo allargati nel mondo del food, che ci sembrava molto interessante. Gestiamo un veicolo di investimento classificato come Esg, per cui abbiamo fatto della sostenibilità un elemento cardine nelle nostre decisioni. Allo stesso tempo, riteniamo che le politiche Esg non debbano per forza essere contrapposte alla profittabilità. Per questo, nel selezionare le aziende su cui investire, guardiamo alle possibilità che ci sono per lo sviluppo di un business sostenibile e innovativo. Il comparto food, da questo punto di vista, ci sembra molto promettente.

Per quali motivi?

Il settore agroalimentare, in Italia, è ricco di eccellenze, ma anche estremamente frammentato. Le aziende hanno bisogno di investire per crescere, anche perché il mondo del food è in forte trasformazione e le possibilità di rinnovarsi non mancano. Infatti, se si guarda al food service, si nota che le imprese hanno bisogno di razionalizzare i costi e garantire, allo stesso tepo, standard di qualità sempre più elevati. Proprio qui entra in gioco il frozen food. Se si guarda al retail, ancora, è evidente che sempre più i consumatori cercano ricette facili e veloci da preparare, ma anche di qualità e, in misura non minore, variegate. Anche in questo caso, gli alimenti surgelati rappresentano una soluzione ottimale.

Ci parli, dunque, dell’acquisizione di Gelit.

Abbiamo acquistato l’azienda perché rappresenta un’eccellenza del made in Italy nel mondo, in virtù della sua forte vocazione all’export (l’80% del fat turato viene realizzato all’estero), e anche perché, essendo già una società benefit e una B-Corp, incarna perfettamente i nostri valori. Con Gelit, in par ticolare, ci siamo buttati per la prima volta nel mondo dei surgelati, perché crediamo che questi alimenti possano contribuire in maniera significativa ai cambiamenti che stanno avvenendo nel comparto agroalimentare, a cui abbiamo accennato prima. Il frozen food, infatti, permette di avere ingredienti, ricette e piatti pronti facili e veloci da preparare, privi di qualsiasi conservante che non sia il freddo, con una qualità che supera persino quella dei prodotti freschi. Non solo: i surgelati consentono di avere una produzione standardizzata e costante, con un notevole abbattimento dei costi e degli sprechi, risultando, per questo, davvero sostenibili. Infine, con questi prodotti possiamo dare al consumatore anche quella varietà che sempre più cerca a tavola. Per gustare dei ‘manicaretti’ tex-mex, ad esempio, non deve più andare al ristorante messicano o comprare tutti gli ingredienti, con un notevole dispendio economico e di tempo, ma può averli sempre pronti nel freezer, per prepararli quando desidera e abbinarli con i piatti che preferisce. È ovvio che tutto questo funziona solo se c’è la capacità di produrre un cibo di qualità: se manca la qualità, tutto il discorso crolla come un castello di carte.

Che risultati ha conseguito Gelit nel 2024?

L’azienda ha chiuso l’anno con un fatturato di 72 milioni di euro. L’80% di questo è stato realizzato negli Stati Uniti, il 15% in Italia, e la restante parte in Europa, soprattutto nel Regno Unito, in Germania e nei Paesi scandinavi. Guardando ai canali di distribuzione, l’85% del giro d’affari riguarda il retail, mentre il 15% è legato al food service. In Usa, quasi tutto il fatturato viene dal canale retail. Qui proponiamo un prodotto di nicchia: piatti pronti made in Italy surgelati e top quality. Una categoria che sta prendendo sempre più piede tra i consumatori statunitensi. Da questo punto di vista, il turismo americano nel nostro Paese, che quest’anno ha registrato numeri esplosivi, gioca un ruolo importante: il turista, infatti, viene in Italia, assaggia i prodotti tipici italiani e, quando torna a casa, va a cercarli nel suo supermercato di fiducia, dopo averne apprezzato gusto e qualità. Per di più, molto spesso gli americani non hanno le capacità di cucinare una ricetta italiana, per cui i surgelati già pronti sono un’alternativa perfetta.

Quanto incide la Marca del distributore?

Per Gelit, la Marca del distributore è fondamentale: il nostro business viaggia quasi completamente sulla private label. Abbiamo qualche referenza a marchio nostro, ma si tratta spesso di prodotti test, che vengono impiegati dai supermercati per sondare la risposta dei consumatori prima di mettere a scaffale la loro proposta Mdd. Persino negli Usa, dove il mercato è prevalentemente branded e tutto deve avere un marchio, noi lavoriamo soprattutto con le catene di distribuzione, che ci chiedono di avere i prodotti made in Italy a marchio loro. In questo modo, infatti, il consumatore ha la certezza che si tratti di alimenti affidabili, garantiti dalle insegne di cui già si fidano. I retailer, del resto, quando devono vendere prodotti su cui mettono il loro nome, pretendono assoluto rigore dalle aziende fornitrici e fanno controlli certosini. Questo per noi è un vantaggio, non certo un ostacolo.

Che progetti avete in cantiere per Gelit?

Il nostro obiettivo è di portare il fatturato di Gelit a 130 milioni di euro in cinque anni. Le direttrici che intendiamo seguire sono fondamentalmente due. Primo, l’incremento della capacità produttiva; e, secondo, lo sviluppo della rete commerciale di Gelit. Abbiamo in programma un importante ampliamento dello stabilimento esistente e magari anche l’inaugurazione di un nuovo sito produttivo. Inoltre intendiamo espandere il giro d’affari in America e in Europa, oltre a raggiungere nuovi mercati, come quello canadese e quello asiatico. Il Canada e l’Australia, in particolare, sembrano molto promettenti, assieme a Giappone e Indonesia. Ci sarebbe anche una terza possibilità, che sicuramente prenderemo in considerazione a tempo debito: lo sviluppo per acquisizioni.

Parlando degli Stati Uniti, siete preoccupati dai dazi che potrebbe introdurre Trump?

Non si sa ancora nulla di certo. In base a quello che accadrà, ci muoveremo nella maniera più opportuna. Se i dazi dovessero toccare percentuali assurde, valuteremo la possibilità di investire direttamente in America, magari limitatamente alla realizzazionedel packaging dei nostri prodotti. Vogliamo, infatti, che le nostre referenze restino ‘made in Italy’, mentre sul confezionamento si possono facilmente trovare delle soluzioni di compromesso.

Come siete entrati nel mondo del food?

Abbiamo iniziato a muoverci in quest’ambito in maniera poco convenzionale, partendo dall’alto, per così dire, ovvero dalla produzione delle materie prime. La nostra prima acquisizione, infatti, è stata la San Fermese, che raccoglie, stocca e lavora materia prima, prevalentemente mais, soia e grano, per realizzare ingredienti. In questo modo abbiamo potuto lavorare fin da subito sulla sostenibilità, garantendo una filiera davvero efficiente e controllata fin dall’origine, utilizzando le materie prime che noi stessi abbiamo selezionato. In seguito, ci siamo spostati anche sui prodotti, con un focus sul plant based, sul tofu e sulle bevande vegetali a base di soia. In questi ambiti siamo stati fin da subito capaci di innovare, inventando e brevettando, ad esempio, una polvere di soia completamente solubile, o, ancora, acquistando gli estrusori a umido che ci permettono di realizzare diversi prodotti a base proteica vegetale. Con Gelit, ora, siamo pronti per lanciare una gamma di piatti pronti surgelati plant based, e punteremo anche sul segmento healthy.

Quali sono i prossimi passi?

Orange Capital continuerà a investire in business innovativi. Vogliamo fare la nostra parte nello sviluppo di sistemi di produzione sempre più sostenibili. E, soprattutto, vogliamo divertirci, sperimentando e lanciando progetti che siano in grado di sorprendere ed emozionare le persone e anche noi stessi, per cambiare il mondo e renderlo un posto migliore. Non a caso, il nostro motto recita ‘Good business can change the world’ (‘Un buon business può cambiare il mondo’).

 

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